Danno da sangue infetto: come e quando richiedere il risarcimento
In un’epoca in cui scienza e tecnologia sono in continua evoluzione, sbagliare una trasfusione di sangue può sembrare un errore banale, eppure succede ancora spesso… Somministrare del sangue infetto può avere conseguenze molto gravi per la nostra salute, persino letali.
Il danno da emotrasfusione comprende sia le ipotesi di danno derivanti dalla trasfusione di sangue infetto da un donatore ad un soggetto ricevente, sia le ipotesi di danno derivante dall’uso di prodotti emoderivati (prodotti che derivano dalla elaborazione del sangue di un soggetto diverso dal ricevente).
Non sappiamo con precisione il numero, ma si stima che siano centinaia di migliaia i cittadini italiani danneggiati dal sangue infetto. La responsabilità, come stabilito dalla Corte d’Appello di Roma, è del Ministero della Salute, che ha il compito di controllare e di vigilare la pratica terapeutica della trasfusione di sangue e dell’uso degli emoderivati.
A tutte le sfortunate persone danneggiate, è stata riconosciuta dalla Legge n. 210 del 1992 la possibilità di ottenere un indennizzo da parte dello Stato: si tratta di un beneficio economico concesso per motivi di solidarietà sociale e non di un vero e proprio risarcimento del danno.
Danno da emostrafusione: indennizzo e risarcimento
Quando si parla di danno da emotrasfusione, è però necessario distinguere tra l’indennizzo dovuto in base alla Legge n. 210/1992 e il risarcimento del danno ex art. 2043 del codice civile.
Nel primo caso, l’indennizzo è riconosciuto a coloro i quali presentino danni irreversibili da epatiti post- trasfusionali o da epatite contratta a seguito di somministrazioni di derivati del sangue. Esso si compone quindi di due quote: una prima che rappresenta il vero e proprio indennizzo e una seconda che integra la prima, detta indennità integrativa speciale.
Nel secondo caso, si tratta invece di una responsabilità colposa o dolosa dell’amministrazione. Il Ministero della Salute sarà chiamato a rispondere dell’art. 2043 c.c. per i danni derivati da omessa vigilanza e, trattandosi di fatto dannoso “lungo-latente”, la persona danneggiata potrà agire nel termine di dieci anni decorrente dal momento della percezione della patologia o dal momento in cui la patologia può essere percepita.
Chi ha diritto a chiedere un risarcimento?
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 2270 del 2017, ha rigettato i ricorsi del Ministero della Salute che ha cercato, invano, di addossare la responsabilità per i danni causati alle vittime di emotrasfusioni alle singole Regioni, aprendo così a risarcimenti sicuri di milioni di euro nei confronti delle vittime che fino ad oggi erano stati ignorati dal Ministero.
La prova della responsabilità per tali tipologie di danni non è certo agevole, stante la difficoltà di individuare i singoli soggetti coinvolti nella realizzazione del pregiudizio e la difficoltà di identificare con certezza il momento preciso in cui si è verificato il contagio, oltre che la sua causa.
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Una volta contattata e firmato il mandato di rappresentanza, procederà a far ispezionare le cartelle cliniche ai proprio medici legali e specialisti fiduciari. Se verrà riconosciuta la responsabilità, procederà con una formale richiesta di risarcimento.
Per presentare la domanda di indennizzo occorre allegare:
– La cartella clinica attestante la data e i dati della vaccinazione o della trasfusione
– le conseguenze cliniche dell’emotrasfusione e l’entità delle lesioni o dell’infermità da cui è derivata la menomazione permanente o il decesso del parente.
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